Asse intestino cervello nella depressione

 

Sin dagli anni ’60 la depressione è stata correlata ad un deficit cerebrale di serotonina e di noradrenalina. Questo deficit fu messo in evidenza dalla determinazione dei livelli liquorali e urinari dei loro cataboliti (HVA e 5-HIAA) dimostranti un ridotto metabolismo cerebrale della serotonina e della noradrenalina. In seguito è stato riportato anche una alterazione del legame della serotonina plasmatica alla piastrine plasmatiche. In base a tali risultati, negli anni ‘70 fu proposta l’ipotesi indol-amminica della depressione e furono sviluppati farmaci antidepressivi con lo scopo di potenziare la serotonina cerebrale, gli SSRIs (Storia degli SSRIs). L’efficacia di questi farmaci è discussa in letteratura, una meta-analisi (studio retrospettivo che mette insieme i risultati di molti studi clinici) riporta una efficacia uguale a quella del placebo. Addirittura che nelle forme più severe dove il farmaco sembra mostrare una maggiore efficacia, in realtà è il placebo a perdere efficacia. Questo studio ha suscitato molte polemiche, ma il dato precedente, ben accettato, mostrava una efficacia nel 60% dei casi, quindi non molti diversa. Inoltre l’azione selettiva nei confronti della serotonina e i più recenti studi sulla noradrenalina, dovevano ridurre gli effetti collaterali riportato nei farmaci antidepressivi triciclici, che agiscono su tutti i sistemi monoaminergici, quindi anche sulla dopamina. Tali effetti collaterali sono ancora presenti, il primo SSRIs ad essere licenziato fu addirittura ritirato dopo pochi mesi per i suoi effetti collaterali (vedi storia degli SSRIs), sull’uso di questi farmaci ci sono alert della FDA sul rischio di aumento della suicidibilità soprattutto nei giovani. Studiati per inibire selettivamente la ricaptazione cerebrale della serotonina, solo nel 2009 viene riportato che, assunti oralmente, non arrivano al cervello in quantità sufficiente ad esplicare questa azione (1), che è dimostrata su fettine di cervello o con tecniche di patch clamping su neuroni isolati. Altri quindi i loro meccanismi d’azione. Assunti oralmente, la loro azione a livello intestinale non è trascurabile, infatti sono impiegati anche per patologie intestinali: a basse dosi controllano la diarrea, ad alte la provocano. Curioso: a basse dosi sono anche anti-convulsivi ad alte sono proconvulsivi (2). La serotonina è sintetizzata dal triptofano, ammino acido essenziale. Nonostante i molteplici ruoli della serotonina, il suo livello è fortemente controllato. Nel cervello viene rilasciata nelle sinapsi, spazi limitati che congiungono due neuroni, appena rilasciata viene ricaptata per impedire che fuoriesca dal bottone sinaptico. Se finisce nello spazio extra neuronale ha azione tossica. Nell’intestino viene, invece, rilasciata nel torrente circolatorio, ma viene sequestrata dalle piastrine. Oggi si pensa che non esista in forma libera nel sangue. Viene rilasciata dalle piastrine in risposta ad agenti stressanti, esempio tagli, ferite, in quanto attiva i processi di coagulazione. Molti veleni di animale sono a base di serotonina e stimolano il segnale del dolore. Il legame alle piastrine sostituisce la ricaptazione cerebrale e i farmaci SSRIs inibiscono anche il legame piastrinico, anche se con costanti chimiche di affinità diverse. Aumentano così il livello plasmatico di serotonina libera che, se supera un valore soglia, attiva dei trasportatori alla BBB, quindi entra nel cervello, ma finisce nello spazio extracellulare dove è neurotossica. In molte patologie neurologiche è riportata una alterazione del legame piastrinico, che questi farmaci vanno a peggiorare. Gli effetti collaterali di questi farmaci sono da attribuirsi all’inibizione del legame della serotonina alle piastrine. Aumentando il livello di serotonina libera, diminuisce la sua sintesi, quindi aumenta il triptofano. Esso controlla la sintesi di neuropeptidi quali il PYY, definito un “freno intestinale” per le sue proprietà pro-assorbitive e l’NPY, definito un “anticonvulsivo endogeno” per le sue proprietà anticonvulsive. Inoltre, aumentando il livello plasmatico di triptofano, aumenta anche la sua captazione cerebrale, quindi la sintesi cerebrale di serotonina, che Chugani e Diksic confermano con la PET dipendere dalla quantità di triptofano captata dal cervello. L’aumento dell’NPY, in risposta all’aumento di triptofano è controllato dal sistema neuroendocrino, che come tutti i sistemi di controllo non fornisce risposte immediate, ma valuta l’andamento in un periodo di tempo, che per l’uomo sono circa 20-30 giorni. Questo spiega il tempo impiegato per manifestare l’effetto anti-depressivo. L’azione antidepressiva dipende, quindi, dall’aumento del triptofano plasmatico, aumento che viene ostacolato da una flora intestinale disbiotica, che può essere responsabile dei bassi livelli plasmatici di triptofano riportati anche nella depressione. La disbiosi intestinale ostacola l’azione antidepressiva di questi farmaci. Infatti, nonostante somministrazioni orali di triptofano non siano in grado di produrre un aumento del suo livello ematico, esse sono in grado di potenziare l’azione antidepressiva di questi farmaci, in quanto si comportano da elementi sacrificali nei confronti della decarbossilazione a indolo e scatolo ad opera della flora disbiotica. Aumentare il triptofano plasmatico, riducendo la disbiosi, senza aumentare il livello di serotonina libera nel sangue, rappresenta un efficacie metodo antidepressivo, privo di effetti collaterali. 

Prof. Paolo Mainardi dal libro: “Alla Ricerca dell’Una Medicina”

Riferimenti 

1) Pinna G, Costa E, Guidotti A. SSRIs act as selective brain steroidogenic stimulants (SBSSs) at low doses that are inactive on 5-HT reuptake. Curr Opin Pharmacol. 2009 Feb;9(1):24-30. 

2) Jobe PC, Browning RA. The serotonergic and noradrenergic effects of antidepressant drugs are anticonvulsant, not proconvulsant. Epilepsy Behav. 2005 Dec;7(4):602-19.

Fonte:https://www.rimedifitoterapici.it/2018/12/11/asse-intestino-cervello-nella-depressione-2/

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